Federdistribuzione, ricatti e arroganza: non trattiamo più

La situazione non lascia spazio a dubbi: non siamo più disposti ad accettare l’arroganza e la pervicacia di Federdistribuzione. Non vogliamo più ricatti a senso unico e finte trattative che non portano a niente. Per questo la UILTuCS, con le altre ooss, ha deciso di far cessare – e non di interrompere o sospendere semplicemente – la trattativa per la definizione del primo contratto nazionale di lavoro da applicare a quella parte di aziende della distribuzione a essa associate.
“A ben 28 mesi dalla scadenza del contratto applicato in quelle aziende (un contratto, peraltro, non firmato da Federdistribuzione e che ha cessato la sua efficacia), siamo stati obbligati a dire «basta» di fronte all’ennesima proposizione di condizioni presentate come inderogabili e che per noi si rivelano inaccettabili e addirittura offensive per le nostre lavoratrici e i nostri lavoratori” fa sapere la segreteria nazionale della UILTuCS.
È bene, dunque, che tutti sappiano che cosa pretende di imporre Federdistribuzione attraverso i suoi diktat:

  1. la modifica al ribasso degli inquadramenti e delle mansioni previste dal contratto;
  2. la definizione di un protocollo per le situazioni di crisi che consenta, anche in assenza di accordo sindacale, alle imprese di derogare unilateralmente all’intero contratto;
  3. una dinamica salariale che nel periodo di vigenza del contratto (5 anni) si concretizzerebbe in una massa salariale di gran lunga inferiore a quella generata dall’unico contratto collettivo valido, siglato circa un anno fa e applicato alla stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti del settore della distribuzione commerciale operanti in aziende di piccole, medie e grandi dimensioni.

Federdistribuzione, infatti, ha proposto di erogare, per il triennio 2016/2018, una massa salariale pari a circa 1.800 euro, con una totale «scopertura» per 2014, 2015 e parte del 2016. Il contratto collettivo rinnovato nel marzo del 2015 da Filcams, Fisascat e UILTuCS con Confcommercio, applicato ai tanti lavoratori del commercio e della distribuzione, prevede, invece, l’erogazione di una massa salariale di 3.000 euro al 31 dicembre 2018, con aumenti già erogati nel 2015 e altri ancora che verranno corrisposti tra il 2016 e il 2017. La proposta di Federdistribuzione determinerebbe pertanto una perdita salariale secca di 1.200 euro rispetto al contratto siglato un anno fa.

Ma non è finita. Sulla bilateralità e, dunque, sul welfare di categoria, le organizzazioni sindacali si oppongono alla frammentazione delle sedi bilaterali di assistenza e previdenza integrative per la più elementare delle ragioni: la frammentazione incrementerebbe i costi di gestione in riferimento a platee di associati più ristrette, con un evidente danno per gli stessi lavoratori beneficiari dei servizi e delle prestazioni. Senza tener conto della considerazione ulteriore secondo la quale, rispetto al Fondo per la formazione continua, nulla vieta alle aziende aderenti a Federdistribuzione di uscirne e trasferirsi in altro fondo, ma da anni ciò non avviene.

Respingiamo al mittente come offensiva, ingiuriosa, diffamatoria e falsa (oltre che contraddittoria), dunque, l’accusa di Federdistribuzione secondo la quale la bilateralità esisterebbe «solo per assicurare poltrone ai funzionari di Confcommercio e dei sindacati». E’ del tutto palese che chi punta a cocalcistituire artificialmente nuove sedi bilaterali, con le relative poltrone, è proprio Federdistribuzione, disinteressandosi completamente del danno che da ciò scaturirebbe per le lavoratrici e i lavoratori.

Come se tutto questo non bastasse, i vertici di Federdistribuzione, invece di tornare sui loro passi, hanno compiuto un ulteriore atto – rarissimo nel panorama delle relazioni industriali italiane – di arroganza paternalistica verso i lavoratori e di attacco frontale al ruolo e alla funzione delle organizzazioni sindacali. Questo e non altro è la decisione di erogare unilateralmente, a trattativa cessata e a oltre un anno dalla sigla del contratto collettivo del terziario, la somma di 15 euro. Basti pensare che da oltre un anno i lavoratori ai quali si applica il contratto già firmato hanno già ricevuto circa 400 euro in più in busta paga e possono contare su un aumento salariale consolidato di 30 euro, che diventeranno 45 euro da giugno.

Siamo di fronte, dunque, a un atto gravissimo che mira a ledere la missione stessa delle organizzazioni sindacali, legittimamente titolari della contrattazione e storiche firmatarie dell’unico contratto collettivo del terziario, della distribuzione e dei servizi. Un atto rispetto al quale reagiremo con tutte le forze e in tutte le sedi opportune.

Si comprende bene, alla luce delle considerazioni che precedono, come la cessazione della trattativa non sia riconducibile a null’altro se non alla volontà punitiva manifestata e portata avanti nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti delle aziende associate a Federdistribuzione.

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