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Chiudere la trattativa con Federdistribuzione: intervista a Boco

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Ecco l’intervista riportata il 29 settembre su Italia Oggi al segretario generale della Uiltucs Bruno Boco.

«Una cosa è certa: di fronte all’atteggiamento di arroganza e di chiusura di Federdistribuzione, non solo verso i lavoratori ma verso la ripresa del Paese, non potevamo e non possiamo stare fermi». Brunetto Boco, segretario generale della Uiltucs, la federazione del terziario, commercio e servizi della Uil, non usa mezzi termini e va dritto al centro della vertenza. Appena il tempo di una pausa e, alla vigilia di un nuovo passaggio-chiave del duro negoziato in corso, incalza: «Un sindacato che abbia davvero a cuore i diritti dei lavoratori non può rimanere inerte in attesa che la controparte sia disponibile a fare accordi. Per questo, come Uiltucs, ci siamo rivolti alla magistratura e abbiamo avuto ragione: il Tribunale di Torino, ma è solo l’inizio, ha condannato diverse imprese aderenti a quell’associazione a riconoscere gli stessi aumenti retributivi previsti dal contratto collettivo firmato in primavera con Confcommercio».

Segretario, avete scelto con Federdistribuzione la via giudiziaria al contratto rispetto alla normale negoziazione sindacale?

«Assolutamente no. Noi siamo stati pronti e presenti a tutti i tavoli negoziali con Federdistribuzione. E non vogliamo altro che chiudere il prima possibile questa trattativa. Nello stesso tempo, però, non possiamo accettare che migliaia di lavoratori restino al palo solo perché la controparte non è disponibile a trovare anche il più ragionevole dei compromessi e, anzi, punta tutto, nelle rivendicazioni avanzate, alla riduzione del salario».

Addirittura, invece di accordarsi su possibili incrementi retributivi, vogliono un taglio degli stipendi?

«A questo si arriverebbe con i loro interventi su premessi, scatti, inquadramenti, incidenza di 13esima e 14esima, sulla liquidazione. Per non dire della decorrenza, completamente punitiva, che propongono: gennaio 2016-dicembre 2018. Il risultato sarebbe nefasto per le buste-paga dei lavoratori. Altro che ragionevoli aumenti. Quello che verrebbe tolto sarebbe ben più rilevante di quello che verrebbe dato».

E’ lo stallo, dunque, che vi ha spinto verso la via giudiziaria?

«Certo. Una situazione di questo tipo ci ha spinto in due direzioni. Una è quella tipica della proclamazione di due giorni di sciopero. L’altra, più inedita, è quella del ricorso alla magistratura per chiedere l’applicazione anche ai lavoratori di questo settore di quegli aumenti salariali che i lavoratori delle aziende aderenti a Confcommercio già trovano in busta paga da qualche mese, perché è irrazionale oltre che ingiusta la divaricazione esistente. I tribunali ci stanno dando ragione e hanno emesso diversi decreti ingiuntivi per il pagamento di quanto dovuto».

Federdistribuzione, però, sostiene che farà opposizione ai decreti e che comunque il contratto di riferimento non è quello di Confcommercio.

«Facessero tutte le opposizioni che vogliono e che la legge permette loro di fare. Certo è che i decreti ingiuntivi vanno eseguiti e che i giudici nello stabilire i livelli di aumento hanno fatto riferimento all’unico contratto in vigore, che è quello stipulato con Confcommercio. E’ quello il parametro adottato. Il resto sono chiacchiere per giustificare una sconfitta giudiziaria pesante. Anzi, a questo riguardo sarebbe opportuno per loro che le aziende di Federdistribuzione riflettessero sul fatto che, anche a fini contributivi, stanno pagando stipendi basati su minimi non più validi».

Le aziende di Federdistribuzione, però, considerano le vostre richieste incompatibili con l’attuale situazione di crisi del settore.

«Una tesi a dir poco improvvisata. Intanto devono spiegare come mai allora altre aziende dello stesso settore, ma non aderenti alla loro associazione, stanno pagando senza problemi gli aumenti del nuovo contratto. In secondo luogo, laddove vi sono situazioni di crisi aziendali noi siamo e siamo stati sempre pronti a trovare le soluzioni più appropriate per salvare l’impresa. Ma, da ultimo, proprio ora che gli indicatori economici parlano di una ripresa dei consumi sostenere una simile tesi è solo strumentale e, per di più, contraria agli stessi interessi del comparto oltre che del Paese. Insomma, nessuna giustificazione. Sediamoci seriamente al tavolo e chiudiamo questa lunga vertenza per il bene di tutti».